Lotta alla fame

Il progetto si sviluppa nella terribile realtà delle carceri di Ouga nelle quali i religiosi Camilliani prestano il loro servizio di assistenza sociale e sanitaria ai 1.500 carcerati che vivono in situazioni ai limiti della decenza umana e devono pensare da soli, e senza supporti economici, al proprio sostentamento. I l carcere garantisce un unico pasto al giorno, composto da una porzione di polenta. In caso di malattia, se i detenuti hanno una famiglia al di fuori che li può sostenere economicamente, possono pagarsi le cure, in mancanza di essa, sono condannati a lasciarsi morire. All’interno del carcere i missionari camilliani hanno avviato un ciclo produttivo di pane così da insegnare ai carcerati un lavoro per quando usciranno e migliorare la loro razione giornaliera.

Nella panetteria ogni prodotto è fatto a mano, senza l’ausilio di macchinari. I forni presenti sono come quelli dei villaggi, realizzati, però, con materiali più duraturi. A turno, divisi in gruppi, i detenuti imparano a fare il pane sotto la guida di due mastri fornai retribuiti. Il pane prodotto non rimane solo all’interno della prigione, ma viene venduto anche in città e riscuote un forte successo. Ogni mese vengono venduti circa 7.000 pani. Il guadagno copre il 50% delle spese del progetto.

Il pasto giornaliero dei circa 2 mila detenuti è stato integrato con il pane prodotto. Un gruppo di 10 carcerati, alternativamente, sta imparando un lavoro che permetterà loro un reinserimento più facile una volta scontata la pena.  Quattro donne impegnate al mercato, nella vendita del pane, hanno un lavoro dignitoso che dà loro la possibilità di essere di sostegno alla famiglia.