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Gocce di salute

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I piccoli villaggi situati nell’area rurale del distretto di Faisalabad vivono, quotidianamente, il disagio della carenza di fonti rinnovate di acqua potabile, fondamentale per condurre una vita sana e

Versano quindi in condizioni igienico-sanitarie estremamente precarie, fattore che contribuisce alla diffusione di svariate malattie, soprattutto tra i bambini. In tutto il Pakistan circa 5.000 bambini soffrono di malattie gastriche gravi e il tasso di mortalità infantile è ancora molto alto. Come se non bastasse, l’alto tasso di disoccupazione e di analfabetismo, sono un enorme ostacolo per l’accesso a cure e a terapie farmacologiche adeguate.

Per far fronte a questa terribile realtà, la Parrocchia Assumption Catholic Church all’interno della scuola St.Joseph, organizza, ogni sabato, campi medici per coloro che vivono nei villaggi ed hanno bisogno di cure mediche. In effetti, la scuola è il luogo più semplice da raggiungere per i bambini e le loro famiglie e il sabato, il giorno più comodo per spostarsi.

L’équipe presente ai campi è composta da un medico, due studenti di medicina in servizio volontario e dalle Suore della Congregazione delle Sorelle della Carità. Ogni paziente viene ascoltato, visitato ed individuato il problema viene data la cura con la prescrizione da seguire.

La maggior parte di coloro che si presentano ai campi medici hanno problemi sanitari che richiedono semplici cure di base ma che, senza questo servizio non ne avrebbero mai avuto accesso perché impossibilitati a pagare visite e farmaci presso centri sanitari o ospedali.

I campi medici sono rivolti principalmente ai bambini. Ad ogni campo vengono curati, in media, 100 bambini e 50 adulti. Vengono trattate alcune delle malattie più diffuse in Pakistan: colera, febbre tifoide, intossicazione alimentare, diarrea, difterite, pertosse, tetano, poliomielite acuta, parotite, rabbia, morbillo, varicella, vaiolo, epatite virale, raffreddore e tosse.

Il campo medico è anche l’occasione per formare le persone sulle più basilari norme igienico sanitarie che, da sole, permettono già di migliorare lo stato di salute.

Un viaggio per la vita

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In Mozambico, così come in altri Paesi dell’Africa, l’incidenza delle malattie cardiovascolari sta aumentando esponenzialmente. La malattia reumatica rappresenta uno dei tanti e gravi problemi di salute pubblica. Le conseguenze della malattia reumatica maggiormente diffuse sono la cardite reumatica e la fibrosi endomiocardica tropicale. Nelle aree endemiche tropicali e subtropicale, quest’ultima colpisce quasi esclusivamente i bambini e i giovani adulti. Il danno cardiaco rappresenta la conseguenza più grave della malattia e consiste in un’alterazione deformante delle valvole cardiache che comporta la loro progressiva disfunzione fino all’ipertensione polmonare e/o l’insufficienza cardiaca. Tra le maggiori cause degenerative c’è la denutrizione. I bambini a rischio di vita, perché affetti da fibrosi endomiocardica necessitano di un intervento chirurgico per poter continuare a vivere.

Nell’area di Marrere, le Missionarie Comboniane, che gestiscono l’ospedale locale, vengono a conoscenza di numerosi casi di bambini affetti da questa fibrosi grazie alle diagnosi del dr. Zobbi, un cardiologo italiano che si reca, periodicamente,in Mozambico per volontariato. Purtroppo, però, all’ospedale di Marrere non esiste il reparto di cardiochirurgia e, per salvare i bambini, è necessario portarli all’ICOR: Insituto do Coração de Santa Maria, il centro cardiologico di Maputo.

La distanza tra Marrere e Maputo è di circa 2 mila km e l’unico modo per raggiungere la capitale è il viaggio in aereo. L’ICOR garantisce intervento e degenza gratuiti per i bambini poveri.

Nasce così il progetto Un viaggio per la vita attraverso il quale si vuole garantire il biglietto aereo per il bambino e per la mamma o per il parente che lo accompagna. Il costo per salvare la vita ad un bambino è di Euro 600, ovvero il prezzo di due biglietti aerei, andata e ritorno, per Maputo.

Quando i bambini rientrano a Marrere, vengono seguiti, fino a completa guarigione dalle Missionarie, presso l’ambulatorio di cardiologia dell’ospedale e, successivamente, inseriti in programmi sanitari e nutrizionali di supporto.

Tabaka Mission Hospital

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Il Tabaka Mission Hospital prende il nome dal villaggio dove è stato costruito. Si trova su una collina a 5 km dalla strada asfaltata che unisce la città di Kisii con la Tanzania.

E’ un’organizzazione sanitaria senza scopo di lucro con una capacità di 250 posti letto ed una serie di servizi ambulatoriali. Annualmente, in media, ci sono 9.000 ricoveri di cui circa 1.300 in pediatria. L’ospedale opera in un ambiente rurale in cui la maggior parte dei residenti vive sotto la soglia di povertà. Persone che non possono sostenere spese mediche. I prezzi dei servizi sono volutamente contenuti per permettere anche ai più poveri di usufruire dei servizi offerti. Per i malati che non hanno alcuna possibilità economica l’ospedale ha istituito il “Fondo Buon Samaritano”che permette di intervenire nelle situazioni più difficili con il pagamento della degenza, degli interventi e delle cure.
La situazione socio-economica è resa ancora più difficile dai problemi di salute legati alla diffusione della malaria, della tubercolosi e dell’HIV-AIDS.  La malaria è ancora la prima causa di morte nell’Africa Sub Sahariana. Nonostante, la mortalità infantile sia in calo dovuta alle campagne promosse dal Kenya Expanded Programme on Immunization (KEPI), ancora molti bambini soffrono anemia, polmonite, meningite, morbillo e gastroenterite che, se non curati, possono portare alla morte.

L’ Ospedale per garantire cure gratuite ai bambini più poveri, con età da 0 a 5 anni, ha dato vita ad un progetto che prevede l’attivazione di un’assicurazione sanitaria pediatrica. Un modo che permette di contrastare fortemente la mortalità infantile.

All’interno dell’Ospedale, dal più di 20 anni, è attiva la St. Camillus Training School for Kenya Registered Community Health Nurses. Un corso di diploma in Scienze Infermieristiche, con convitto, della durata di tre anni e mezzo.

Centrale all’interno dell’ospedale, è la New Born Unit, nonché il reparto di neonatologia. È qui che, nel 2023, PRO.SA ha sostenuto il progetto “Per un Dolce Respiro” con l’obiettivo di potenziare l’unità neonatale per mitigare il fenomeno crescente di morbidità e mortalità infantile, principalmente causato dalla mancanza o inadeguatezza delle attrezzature mediche necessarie per rispondere alle complicazioni legate alla prematurità di un neonato. Su richiesta del direttore dell’ospedale, supportato da uno staff di professionisti e da due ostetriche volontarie in Servizio Civile Universale, Fondazione PRO.SA ha donato 3 incubatrici con lampada per fototerapia, due monitor dei parametri vitali, pompe a infusione e due isole neonatali. I nuovi macchinari e le singole attrezzature sono stati installati nel reparto e il personale sanitario è stato formato sul corretto utilizzo. Da quel momento, tutti i pazienti stanno ricevendo cure adeguate, efficaci e di qualità e l’ospedale è stato valutato a rischio minimo di morbidità e mortalità infantile, entrando a far parte delle strutture di riferimento della zona.

Quest’anno, invece, grazie alla segnalazione di due amiche ostestriche, anche loro volontarie in Servizio Civile Universale, PRO.SA si sta impegnando a prendersi cura anche delle mamme attraverso il nuovo progetto “SPAZIO MAMMA”, che intende ampliare e riorganizzare il reparto maternità così da garantire un’assistenza adeguata alle mamme, prima, durante e dopo il parto, affiché possano dare la vita in un ambiente accogliente, nel rispetto della loro privacy e dei loro diritti.

St. Camillus Mission Hospital

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In un sistema sanitario come quello africano, che non garantisce affatto il diritto alla salute per tutti, la realtà del St. Camillus diventa paradigma di servizio per i più poveri e sofferenti di questa regione. All’ammalato viene chiesto, quando è possibile, di contribuire economicamente, anche se questo non è assolutamente sufficiente per la gestione ordinaria della struttura.  L’ospedale ha iniziato la sua attività nel 1997. Ora ha una capienza di 150 posti e non limita la sua attività all’assistenza e cura delle persone ammalate ma cerca di promuovere educazione alla salute e prevenzione con una particolare attenzione al problema Aids. Promuove incontri e seminari. Incoraggia gruppi di solidarietà tra persone affette o infette da Aids. L’ospedale sorge sulle rive del Lago Vittoria, nella regione del Nyanza. Quest’area è tra le più povere del Paese e tra le più colpite dall’HIV/AIDS: circa un terzo della popolazione è sieropositivo, in particolare le donne.
A Karungu operano, da più di vent’anni, i missionari camilliani che hanno fondato e gestiscono il St. Camilus Mission Hospital, con l’obiettivo di offrire le migliori cure per il recupero della salute alle persone più bisognose, senza distinzione di fede o condizione sociale. Serve una popolazione di circa 250.000 abitanti di cui più del 50%, dicono le statistiche, è di età inferiore ai 15 anni.  Per la popolazione locale, tuttavia, aumenta il bisogno di cure e ricoveri ospedalieri per tutte le situazioni di malattia sia quelle originate dalla mancanza di difese immunitarie, dette comunemente opportunistiche, sia di quelle comuni compresa la malaria perché in un paziente sieropositivo tutto diventa più difficile da curare e tutto può facilmente degenerare in situazioni gravi. Molto diffuso è il binomio AIDS e Tubercolosi di solito in forme piuttosto gravi.

Tutti gli ammalati hanno diritto alle cure possibili, ad una assistenza adeguata ed al rispetto. Questo atteggiamento non può non coinvolgere ancora di più quando si scorge che gran parte degli ammalati da AIDS sono vittime innocenti. Mamme e bambini ma anche uomini sono spesso vittime solo per situazioni e tradizioni non ricercate ma piuttosto imposte, a volte in fedeltà alla propria famiglia. L’ospedale cerca di offrire una cura, garantire agli ammalati l’assistenza sanitaria, il vitto, e tutto il necessario che una persona ricoverata necessita in un contesto di attenzione e rispetto, nell’ottica di garantire assistenza sanitaria a tutti coloro che ne hanno bisogno, con particolare focus sulle fasce della popolazione più vulnerabili.

Hospice San Camillo

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Circa il 30% dello spazio urbanistico di Quito, capitale dell’Ecuador, è occupato da quartieri marginali che sono assestamenti di ondate migratorie interne, provenienti soprattutto dalle zone rurali del paese e che non dispongono della totalità dei servizi basici fondamentali. Delle famiglie che popolano questi quartieri normalmente le madri si dedicano alle faccende domestiche e alla cura dei figli e i padri trovano impiego come operai soprattutto nel settore edilizio. L’uomo gode di un senso di superiorità rispetto alla donna molto diffuso, che spesso genera violenza e maltrattamento nella casa. Tali fenomeni sono l’effetto della generale mancanza di educazione e istruzione tra la gente, intrecciata quasi sempre all’assenza di capacità di iniziativa e di assunzione di responsabilità. Riguardo il tema delle malattie terminali e delle cure palliative, in Ecuador non è prevista alcuna legislazione in grado di difendere il diritto ad una morte dignitosa. Bambini e adolescenti non sono sottoposti ad un’adeguata assistenza sia per quanto riguarda i trattamenti oncologici sia per quanto riguarda le cure palliative. La mancanza di assistenza a queste fasce d’età durante la malattia rappresenta una priorità all’interno dell’ospedale San Camillo, il quale si adopera appunto per offrire ai bambini e alle loro famiglie un ambiente accogliente caratterizzato da efficienza professionale e umana che soddisfi le necessità proprie dello stato terminale.

La “Fundación Ecuatoriana de Cuidados Paliativos FECUPAL” é un Ente Non profit pioniere in Ecuador nella la cura dei malati in fase terminale e delle loro famiglie. Istituita dall’ordine religioso dei Camilliani, FECUPAL gestisce dal 2014 l’Hospice San Camillo, un’unità residenziale per le cure palliative che assiste i malati terminali. L’Hospice è un luogo dove convivono persone che condividono le stesse difficoltà e che, attraverso l’aiuto vicendevole, possono supportarsi ed affrontare in modo migliore la malattia e l’accompagnamento alla morte. Fondazione PRO.SA sostiene in particolare le attività dell’Unità Pediatrica dell’Hospice riservata a bambini e ragazzi. Le cure palliativa vengono offerte presso il centro specializzato o a domicilio, sono attente ai bisogni specifici dell’infanzia e dell’adolescenza e cercano sempre di coinvolgere l’intero nucleo familiare.

Ospedale Redemptoris Mater

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L’Ospedale Redemptoris Mater sorge sulla piana di Ashotsk a 2.000 metri di altitudine. È stato costruito dalla Caritas Italiana nel 1991 e donato da Papa Giovanni Paolo II al popolo armeno. La gestione dell’ospedale è stata affidata, sin dagli inizi, ai religiosi camilliani. Con una disponibilità di 100 posti letto, esso è al centro di un sistema sanitario che copre 22 villaggi con ambulatori collegati all’ospedale. La popolazione del distretto sanitario è di circa 15.000 persone. All’ospedale giungono pazienti anche dalla vicina Georgia e da ogni parte dell’Armenia. Nell’ospedale ci sono quattro reparti: medicina, chirurgia, maternità e pediatria. Un pediatra è assunto solo per fare servizio nei villaggi. Durante i primi anni, diversi medici italiani si sono recati all’Ospedale Redemptoris Mater per tenere corsi di aggiornamento al personale sanitario che vi lavorava.

Il sistema sanitario nazionale armeno, essendo a pagamento, prevede che in media il 61 % delle spese mediche sia a carico dell’ammalato e chi non può pagare resta escluso dalle cure. Due terzi della popolazione non ha coperture per il ricovero e non ci sono agevolazioni per l’acquisto di farmaci ad eccezione di quelli per la cura di tubercolosi, malaria e HIV / AIDS. Questo, spesso, rende la medicina essenziale inaccessibile per un ampio settore della popolazione, bloccando il trattamento e causando l’esacerbazione di problemi di salute altrimenti gestibili.

Fintanto che i pagamenti diretti resteranno ad alto livello, l’assistenza sanitaria continuerà a essere inaccessibile per alcuni settori della popolazione, causando disuguaglianze e approfondendo ulteriormente l’ingiustizia sociale.

 

All’Ospedale Redemptoris Mater viene garantita la cura a tutti coloro che ne hanno bisogno. Solo a chi ne ha la possibilità viene richiesto di contribuire alle spese tramite una sorta di ticket. Le attività degli ambulatori esterni e del Pronto Soccorso sono totalmente a costo zero per i pazienti.

Sono proprio i servizi ambulatoriali che permettono di conoscere la reale situazione di povertà delle famiglie e di provvedere, quindi, all’implementazione di programmi sanitari e nutrizionali.

La Fondazione PRO.SA raccoglie e acquista, in Italia, farmaci, pasta, riso, olio e altri beni di prima necessità che vengono inviati in Armenia a mezzo container.

Hogar San Camillo

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I Religiosi Camilliani, presenti nel Paese da moltissimi anni, fin dagli inizi della pandemia AIDS, sono stati tra i primi a sviluppare programmi di aiuto alle mamme sieropositive e ai loro bambini.

Fondazione PRO.SA è a loro fianco sostenendo i programmi nutrizionali e sanitari che vengono sviluppati negli Hogar che sono nati, negli anni, in tre diverse località: Lima, Arequipa e Huancayo.

Un aspetto fondamentale per la salute delle persone sieropositive è l’alimentazione. Attraverso l’implementazione dei programmi di assistenza, organizzati all’Hogar San Camillo di Lima in base alla fascia di età dei bambini e ai bisogni delle loro madri con HIV / AIDS, è possibile coinvolgere i beneficiari del progetto di supporto nutrizionale. Così i laboratori di cucina per l’apprendimento delle tecniche di preparazione e di conservazione del cibo, medici e sanitari, nonché le terapie psicologiche e di accompagnamento personale, si sviluppano in diversi giorni della settimana, durante i quali è prevista la copertura nutrizionale per i bambini che frequentano il centro e per le loro madri. Sono 42 bambini, con le loro mamme, per il programma Camilos Vida, e 47 bambini, con le rispettive madri, per il programma Vida Feliz.

All’Hogar de Niños di Arequipa, città situata ai piedi delle Ande, i 70 bambini da 0 a 11 anni, che costituiscono il target group del progetto, sono figli di genitori sieropositivi e, proprio per questo, appartengono a una fascia di povertà che vive l’emarginazione sociale propria dei malati di AIDS. 
 Ad Arequipa molte famiglie vivono in grave stato di emarginazione, senza accesso ai servizi di base. Nella maggioranza dei casi le donne scoprono di avere il virus dell’HIV quando si presentano all’ospedale per il parto. Le madri con i loro bambini frequentano l’Hogar de Niños per partecipare a momenti ludici ed educativi, oltre che per ricevere un pasto adeguato dal punto di vista nutrizionale. Con il programma educativo settimanale “Escuela de Deberes” i bambini vengono seguiti da un’insegnante e partecipano, periodicamente, ad incontri con uno psicologo. Al centro vengono svolte attività ludiche e psicomotorie. Mensilmente, un nutrizionista controlla il peso e l’altezza dei bambini, per monitorare lo stato di malnutrizione e di salute in generale.

Attualmente, all’Hogar San Camillo di Huancayo sono ospitati 15 bambini. Questi vengono accolti per un periodo di tempo limitato ma sufficiente per avviare un processo di miglioramento psicofisico. Fornendo infatti cure individuali e un sostegno alimentare personalizzato si cerca di rimettere in forza il bambino che sta attraversando un periodo critico della malattia e che necessita quindi di un’assistenza e di un tipo di alimentazione attenta e mirata. Le famiglie beneficiarie del progetto sono povere di risorse economiche e la maggior parte dei bambini sono sotto la tutela della sola madre che a causa della malattia è stata abbandonata dal partner o è rimasta vedova. Per permette loro di generare risorse economiche che possano contribuire al sostentamento dei figli e che, al tempo stesso, possano aiutarle a recuperare dignità vengono organizzati laboratori di cucito.

Centro De Saúde

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Il progetto si sviluppa nel Centro di Salute San Francesco d’Assisi situato a Mangunde nella provincia di Sofala – Beira. Mangunde é una zona totalmente rurale. Per raggiungerla, dalla strada nazionale n. 1, bisogna percorrere 25 km di strada sterrata. La gente vive del raccolto delle loro coltivazioni, in parte andate purtroppo distrutte dalle alluvioni causate dal ciclone Idai del marzo 2019.

Nell’ambulatorio del Centro di Salute vengono assistiti, all’anno, più di 10 mila malati e 500 sono i ricoveri. 1500 sieropositivi seguono una specifica terapia.

Il programma sostenuto da Fondazione PRO.SA ha come beneficiari una media di 130 bambini, con età che varia da 0 a 5 anni, con problemi di malnutrizione da grave a moderata. Il 60% hanno mamme sieropositive.

Dopo il passaggio del ciclone che ha lasciato numerosissime famiglie prive del raccolto dei campi, e quindi di una fonte di sostentamento, il numero di bambini malnutriti è in aumento.

Sr. Carla, la missionaria comboniana responsabile del progetto, effettua sui bambini, che entrano nel programma, screening mensili per valutarne lo stato di salute, il miglioramento dello stato di malnutrizione ed insegna alle mamme come preparare pappe nutrienti e le basilari norme di igiene.

A seconda dell’età e dei bisogni dei bambini distribuisce il latte in polvere, alimenti e farmaci se necessario. Particolare attenzione è rivolta alle mamme sieropositive che non possono allattare al fine di non trasmettere l’Aids al bambino.

Un progetto nutrizionale che sviluppa nelle mamme maggiore consapevolezza in fatto di corretta alimentazione, igiene e salute.

St. Camillus Feeding Center

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Il villaggio di Gere si trova sull’isola di Flores, una tra le più povere dell’arcipelago indonesiano. La povertà è visibile ovunque, non vi sono né fabbriche né industrie così che i giovani sono costretti a migrare nelle isole più grandi per studiare o lavorare. Come nel resto dell’Indonesia, in campo sanitario non esiste un sistema di assistenza nazionale. La malnutrizione è una delle piaghe più serie dell’isola che ha spinto i Religiosi Camilliani a costruire nel 2010 un centro nutrizionale nel villaggio di Bowaulong che offrisse assistenza nutrizionale a bambini con disturbi di crescita. I buoni risultati ottenuti hanno spinto i religiosi a costruire un altro centro nel 2014 nel villaggio di Gere, un villaggio molto povero situato nell’area montagnosa, difficilmente raggiungibile anche se non troppo lontano dalla città di Maumere. La popolazione del villaggio è costituita da circa un migliaio di famiglie; l’85% delle quali dedite alla coltivazione di banane, cocco, granoturco e verdure. Gli abitanti vivono in abitazioni precarie costruite con bambù, paglia e legno di cocco; l’accesso all’acqua potabile è limitato e la mancanza di servizi igienici favorisce la presenza di insetti come le zanzare che molto spesso sono la causa della diffusione di malattie come la malaria.

L’obiettivo del St. Camillus Feeding Center è quello di garantire un adeguato programma  nutrizionale ad un centinaio di bambini (con età che varia da pochi mesi a dieci anni) che vivono nel villaggio di Gere. Il centro assicura cibo, vitamine, integratori e farmaci di base. I bambini vengono sottoposti a screening sanitari trimestrali o semestrali per verificare il livello di malnutrizione e, quindi, organizzare un programma adatto per ciascuno di loro

Per le madri dei bambini vengono organizzati incontri informativi e formativi sulle buone prassi igienico-sanitarie e alimentari, insegnando anche come preparare, con prodotti locali, dei pasti nutrizionalmente equilibrati. La diffusione della consapevolezza di una corretta alimentazione e di buone pratiche igieniche, da adottare quotidianamente, aiuta a prevenire molte malattie e disturbi causati da disidratazione e parassitosi intestinale. Il centro organizza anche una serie di incontri specifici per le donne in gravidanza.

Mananthavady

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In India, se sei un bambino disabile porti sfortuna, sei un avanzo, non vale la pena considerarti.
In India, se sei la mamma di un bambino disabile hai il malocchio e il più delle volte resti sola, senza aiuti e vedi la malattia di tuo figlio peggiorare di giorno in giorno.

Le condizioni di vita di una persona disabile in India, ed in particolare della parte femminile della popolazione, violano molti dei diritti umani basilari. Impossibilitate ad accedere a cure adeguate, a usufruire di servizi di supporto e ad incrementare la propria autonomia grazie a strumenti di reinserimento socio-economico le donne e le bambine con disabilità (che rappresentano il 44% di tutte le persone disabili in India) sono in gran parte destinate ad una vita di emarginazione, discriminazione e sofferenze.

La Fr. Tezza Special School – “Home for disabled children” a Mananthavady, nello stato del Kerala, si prende cura di bambine e ragazze disabili con gravi compromissioni delle capacità cognitive e/o motorie, con una particolare attenzione per quelle provenienti da famiglie molto povere che non sono in grado di sostenere i costi previsti da strutture simili in zona. Gestito dalle suore Figlie di San Camillo, il centro non solo soddisfa i bisogni essenziali delle ospiti, ma offre loro anche una scuola speciale e tutti quei servizi che consentono ad una persona disabile di raggiungere il proprio potenziale, qualsiasi esso sia: assistenza sanitaria, fisioterapia, sport, counseling, attività di sensibilizzazione per le famiglie etc.

Le bambine e le ragazze di Mananthavady seguono tutte una dieta bilanciata e adeguata alla loro età, oltre che alla condizione fisica e sanitaria.

Molte assumono terapie farmacologiche, che richiedono una cura particolare dell’alimentazione. Le beneficiarie dell’intervento sono in tutto 124 bambine e ragazze disabili, affette da varie patologie o sindromi genetiche (Down, autismo, paralisi cerebrali, ipovisione, iperattività, ritardo cognitivo di origine non nota), di cui 64 residenziali.

Fondazione PRO.SA sostiene l’acquisto di riso, latte, farine, carne di pollo, vegetali, uova, pesce, come previsto dai programmi nutrizionali del centro. 

École la Providence

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Haiti non è solo il paese più povero del continente americano, ma occupa insieme a molti paesi africani le ultime posizioni nella classifica mondiale dei paesi per indice di sviluppo umano. Più della metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Particolarmente preoccupante è la condizione minorile, ancor più drammatica per bambini e ragazzi disabili. Non è facile essere bambini in Haiti: catastrofi naturali, epidemie e povertà hanno lasciato nell’ultimo decennio moltissimi bambini senza cura familiare.

La maggioranza delle famiglie vivono in condizioni di estrema povertà e le bidonville non cessano di allargarsi. Migliaia di Haitiani vivono in USA, Canada, Francia e grazie alle rimesse che inviano in Haiti, mantengono un po’ l’economia locale che è basata soprattutto sulla compra/vendita di prodotti di prima necessità.

L’École la Providence de Sibert ha 650 studenti con età che varia dai 4 ai 12 anni. Per molti di questi bambini il pasto che consumano alla mensa della scuola è l’unico della giornata. In genere viene cucinato riso con fagioli, pomodoro e aringhe secche, un piatto che abbia il giusto apporto di carboidrati e proteine, fondamentali per il benessere psicofisico del bambino.

Il progetto ha ricadute positive anche sulla comunità locale, infatti le mamme dei bambini sono più tranquille sapendo che i loro figli hanno l’opportunità di nutrirsi regolarmente e si impegnano con maggior consapevolezza ad assicurarsi che i figli frequentino la scuola.

La frequentazione della mensa da parte dei bambini serve anche a veicolare norme comportamentali per il buon vivere comunitario e buone prassi igienico sanitarie di base. I bambini alla mensa, imparano a mettersi in fila per aspettare il loro turno, a lavarsi le mani prima di mangiare, ad aspettare che tutti abbiano finito prima di lasciare la mensa e tornare in classe. I più grandi collaborano alla pulizia della sala e al lavaggio delle stoviglie.

Con questo tipo di intervento, combattiamo la malnutrizione infantile attraverso l’educazione e l’attivazione di mense scolastiche per migliorare l’apporto nutrizionale ai minori in condizione di marginalità e vulnerabilità in contesti a forte insicurezza alimentare o di emergenza.

Children Nutritional Center

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Il Poor Children Nutritional Center, che si trova sull’isola di Samar, è nato per dare la possibilità a un gruppo di circa 60 bambini di ricevere un’adeguata alimentazione e seguire corsi prescolari di alfabetizzazione.
I bambini sono divisi in 3 classi nelle quali ricevono un’educazione di base, attraverso corsi di igiene, l’insegnamento dell’alfabeto e di una cinquantina di parole in tagalog e in inglese.
Per migliorare la salute fisica dei bambini e ridurre i casi di malnutrizione, la mensa del centro, ogni giorno, prepara il pranzo ai bambini, per molti dei quali è l’unico pasto della giornata.

Il progetto è nato in seguito alle numerose segnalazioni di abbandono scolastico dei bambini durante i primi anni di scuola elementare.
I bambini che frequentano le scuole della zona provengono da famiglie molto povere, trascorrono la giornata per strada e hanno bisogno di molti stimoli per riuscire a seguire le lezioni. Inoltre, a causa della malnutrizione, alcuni bambini hanno difficoltà di apprendimento e non sempre possono assistere alle lezioni perché sono, frequentemente malati.  L’arresto della crescita dei bambini sotto i cinque anni è più del 30%.

Garantire una fornitura di cibo e micronutrienti con pasti equilibrati ai bambini è l’obiettivo principale per la lotta alla malnutrizione.
Un bambino malnutrito è un bambino che non ha ricevuto la giusta quantità di micronutrienti nei 1000 giorni che intercorrono tra il concepimento e il secondo anno di vita ed è, quindi, a rischio sviluppo ritardi motori e cognitivi. Un danno grave per lui e la comunità dove vive.

Nonostante il tasso di alfabetizzazione nelle Filippine sia del 93,4%, l’abbandono scolastico è una delle piaghe della società. Un quarto dei bambini in età scolare non frequenta la scuola a causa dei problemi economici della famiglia, della lontananza della scuola o dell’uso di una lingua differente dalla propria.

Al Carcere di Ouaga

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Il progetto si sviluppa nella terribile realtà delle carceri di Ouga nelle quali i religiosi Camilliani prestano il loro servizio di assistenza sociale e sanitaria ai 1.500 carcerati che vivono in situazioni ai limiti della decenza umana e devono pensare da soli, e senza supporti economici, al proprio sostentamento. I l carcere garantisce un unico pasto al giorno, composto da una porzione di polenta. In caso di malattia, se i detenuti hanno una famiglia al di fuori che li può sostenere economicamente, possono pagarsi le cure, in mancanza di essa, sono condannati a lasciarsi morire. All’interno del carcere i missionari camilliani hanno avviato un ciclo produttivo di pane così da insegnare ai carcerati un lavoro per quando usciranno e migliorare la loro razione giornaliera.

Nella panetteria ogni prodotto è fatto a mano, senza l’ausilio di macchinari. I forni presenti sono come quelli dei villaggi, realizzati, però, con materiali più duraturi. A turno, divisi in gruppi, i detenuti imparano a fare il pane sotto la guida di due mastri fornai retribuiti. Il pane prodotto non rimane solo all’interno della prigione, ma viene venduto anche in città e riscuote un forte successo. Ogni mese vengono venduti circa 7.000 pani. Il guadagno copre il 50% delle spese del progetto.

Il pasto giornaliero dei circa 2 mila detenuti è stato integrato con il pane prodotto. Un gruppo di 10 carcerati, alternativamente, sta imparando un lavoro che permetterà loro un reinserimento più facile una volta scontata la pena.  Quattro donne impegnate al mercato, nella vendita del pane, hanno un lavoro dignitoso che dà loro la possibilità di essere di sostegno alla famiglia.