Sviluppo

A Lusaka, lontano dai quartieri residenziali, sono sorte nell’ultimo decennio aree informali, densamente abitate, dove affluisce la popolazione proveniente dalle aree rurali alla ricerca di una vita migliore. Si tratta di quartieri ad alta concentrazione di povertà, disoccupazione, e disagio sociale in tutte le sue forme, dove le donne sono vittime di ingiustizia sociale, culturale e violenza domestica e dove i minori sono ad alto rischio di abusi, malnutrizione, abbandono scolastico e sfruttamento. Nel più grande e degradato di questi compound, a Kanyama, è in corso dal 2018 il progetto STOP THE VIOLENCE, avviato e sostenuto da Fondazione Pro.Sa.

La violenza contro il genere femminile, anche in tenera età, è un fenomeno largamente diffuso nello Zambia, come in molti altri paesi africani. Le ragioni alla base del fenomeno sono innanzitutto culturali: al genere femminile è assegnato un ruolo subordinato al maschio e questa subordinazione si esplica in tutti gli ambiti della vita di una donna, inclusa quella sessuale. Il fenomeno attraversa tutti i ceti sociali ma è ancora più evidente e drammatico negli slum, dove l’abuso di alcool, i bassi livelli di istruzione e la trappola della povertà alimentano comportamenti violenti a danno del genere femminile e spesso dei suoi membri più deboli e fragili (orfane e ragazze o donne disabili fisiche e/o mentali).

La violenza di genere è una delle concause che ha favorito la diffusione dell’Hiv/Aids: lo Zambia è uno dei paesi dell’Africa Australe più colpiti al mondo dalla pandemia. Negli ultimi 20anni sono stati compiuti passi in avanti nel contrasto alla Gender Based Violence, con l’apertura di unità anti-violenza (Victim Support Unit) in molte stazioni di polizia (una presente anche a Kanyama), è stato creato un ministero ad hoc per la promozione dei diritti della donna, è stata varata una legge nel 2011 a tutela delle donne vittime di violenza, che prevede tra l’altro l’apertura di centri d’accoglienza per le donne a rischio della loro stessa vita, ma in assenza di risorse questi obiettivi restano solo sulla carta. Raramente le donne denunciano e ancor più raramente il caso finisce in tribunale: la maggioranza delle donne non è nemmeno cosciente dei propri diritti e considera “pressoché normale” essere picchiata dal marito se viola i propri doveri coniugali. Le donne, infatti, sin da bambine sono esposte a rituali ed iniziazioni, che implicano modificazioni dei genitali femminili, che hanno come focus principale quello di insegnare alle donne ad essere sottomesse all’uomo e a compiacerlo sempre. La dipendenza economica (spesso associata ad un basso livello di istruzione), o il solo fatto di non avere un altro luogo dove andare a dormire o rifugiarsi, scoraggia una denuncia. Spesso anche la famiglia di origine rifiuta di riaccogliere una figlia vittima di violenza: la donna è stata infatti “comprata” dalla famiglia del marito ed è considerata a tutti gli effetti una sua proprietà che non può essergli sottratta.

In questo contesto era necessario e urgente intervenire per offrire un supporto alle vittime e attivare o dare respiro ad un processo culturale che rimuovesse quell’aurea di “normalità” alla violenza di genere prevalente negli slum. Di fronte ad una situazione così drammatica, Fondazione PRO.SA si è attivata con il progetto Stop the Violence, che ha visto a ottobre 2019 l’apertura di un’Unità Antiviolenza presso l’ospedale pubblico di Kanyama, unico avamposto per fronteggiare un fenomeno così diffuso. L’unità è coordinata da una operatrice italiana, e vi lavorano tre counsellor e un paralegale.  L’Unità antiviolenza offre alle vittime una assistenza gratuita che si declina in diverse forme: uno spazio di ascolto, l’accompagnamento per accedere alle cure e per ottenere la certificazione sanitaria necessaria per avviare una procedura legale, visite domiciliari, consulenza legale e assistenza in tribunale, counselling di coppia e supporto alla genitorialità. Il team di Stop the Violence si interfaccia ogni giorno con diverse stazioni di polizia, dove spesso deve confrontarsi con pregiudizi culturali di ogni genere, che derubricano una violenza a consuetudini normali all’interno di una famiglia. Lo sforzo quotidiano degli operatori di Stop the Violence è quello da un lato di rendere le vittime consapevoli di esserlo e coscienti dei propri diritti e dall’altro di formare e responsabilizzare chi ha il dovere di certificare una violenza e tutelare le vittime. E’ un lavoro complesso, pesante per i suoi risvolti emotivi, che assume il profilo di una battaglia culturale contro gli stereotipi di genere e a difesa della integrità e dignità di donne e minori.

Nel 2021 è nata “ULEMU no one excluded“, un’organizzazione locale, partner di Fondazione PRO.SA, costituita per meglio coordinare tutte le attività e i progetti in corso, nonché l’unica realtà a Kanyama a supporto delle vittime di violenza, il cui nome, in lingua locale, significa “rispetto”.

Solo nell’anno 2024 sono state registrate 1.447 vittime adulte, in leggero aumento rispetto al 2023. 10.339 persone sono state coinvolte in workshop di sensibilizzazione sulla violenza di genere per l’eliminazione di stereotipi e pregiudizi culturali, mentre 30 membri dello staff hanno partecipato a corsi di formazione per la gestione delle vittime e della procedura di intervento.

Nel triennio 2022-2024 l’Unità Antiviolenza ha accolto 5.607 vittime di violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica. Di queste, i minori sono 1.638. 

Per scoprire tutti gli aggiornamenti sulle attività realizzate nel 2021, leggi il REPORT.

Per scoprire tutti gli aggiornamenti sulle attività realizzate nel 2022, leggi il REPORT.

Per scoprire tutti gli aggiornamenti sulle attività realizzate nel 2023, leggi il REPORT.